Computer crimes sono quei reati che posso essere commessi sul computer o a mezzo del computer: i primi detti reati informatici in senso stretto (come nei casi di danneggiamento, di falsificazioni, di intercettazioni), gli altri in senso lato (cioè commessi per effetto del suo uso). I primi sono anche detti "reati informatici propri" perché l'evento non potrebbe mai verificarsi senza il computer, i secondi sono da qualificarsi "reati informatici inpropri" perché l'evento avrebbe dovuto, almeno in astratto, essere provocato anche senza ricorrere all'uso del computer che, pertanto, si configura soltanto come una delle possibili modalità della condotta criminosa. E', dunque, un'attività criminale per la cui esecuzione, scoperta e repressione si rendono necessarie particolari conoscenze nell'ambito della tecnologia dei computer. Caratteristica principale dei computer crimes è l'elevata concentrazione del valore del bene colpito. L'Italia, contrariamente ad altri paesi, anziché emanare una disciplina ad hoc con riferimento ai crimini informatici, ha preferito optare per un metodo evolutivo, novellando, attraverso una serie di interventi normativi, la legislazione penale previgente. La legge 23.12.93 n. 547, nota come legge sulla criminalità informatica, reca modificazioni ed integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica; è la risposta del legislatore italiano alla repressione delle nuove ipotesi di reato dette appunto computer crimes. Ogni attività illecita avente natura informatica o telematica, tuttavia, si caratterizza, da un lato, per la particolare potenzialità diffusiva, dall'altro, paradossalmente, per la difficoltà di individuare un centro di imputazione geografico delle stesse, così che proprio l'accertamento delle responsabilità per gli illeciti commessi per via telematica può risultare particolarmente arduo.
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