Competenze dello Studio

lunedì 17 febbraio 2014

Condotta violenta nello sport: quando può ravvisarsi la responsabilità penale?

Vi sono discipline sportive in cui il contatto fisico è completamente escluso (nuoto, tennis), altre in cui il contatto è solo eventualmente previsto (basket, calcio) ed, infine, altre in cui non può prescindersi da esso (boxe, judo). Quando il contatto fisico può sfociare in un comportamento violento e, soprattutto, configurare una fattispecie di illecito penale? Nel corso di una partita di calcio, ad esempio, è responsabile penalmente il calciatore che colpisce l'avversario in un contesto avulso dalle esigenze di svolgimento della match in corso. In pratica, affinché non si posa parlare di reato è necessario che la condotta violenta avvenga nel rispetto delle regole di gioco e che tale comportamento rientri nel cosiddetto rischio consentito; quando si parla di rischio consentito si intende la soglia entro la quale determinate azioni di gioco, appunto violente, sono tollerate in quanto rientranti appunto in quei comportamenti considerati 'normali' nello svolgimento dell'attività sportiva. Facciamo un esempio concreto: nel corso di una gara valevole per il campionato di 1° categoria, un calciatore, mentre l'azione si sviluppa in un'altra area del terreno di gioco, colpisce con un violento pugno al volto un calciatore della squadra avversaria provocandogli delle lesioni personali; una simile condotta configura certamente una responsabilità per lesioni personali punita e prevista nel nostro ordinamento penale dall'art. 582 c.p., aggravata dalla futilità dei motivi (art. 61 comma 1 c.p.). Una partita di calcio, infati, non può costituire, per quanto accesa, spinta sufficiente alla commissione di un reato, dovendo rappresentare un leale confronto di valori tecnici.

Nessun commento:

Posta un commento