Competenze dello Studio

mercoledì 21 ottobre 2015

Chiedere l'annullamento di un atto illegittimo senza ricorrere ad un giudice

Può capitare di ricevere un atto emesso da una pubblica autorità palesemente illegittimo e, dunque, non valido. La prima cosa che, solitamente, facciamo è quella di contattare l'ufficio mittente al fine di richiederne l'annullamento; ma, nella maggioranza dei casi, il nostro interlocutore risponde sempre di non poter provvedere nell'immediato. La legge, in tali casi, consente al cittadino di presentare un ricorso, a costo zero, direttamente all'ufficio che ha emanato l'atto in questione o, in casi gravi ed eccezionali, a quello gerarchicamente superiore, per ottenere la rettifica o l'annullamento dell'atto considerato non "giusto". Tale illegittimità può derivare da un errore sulla persona del destinatario, da un errore logico o di calcolo, da un errore sul presupposto dell'imposta, da una doppia imposizione, dalla mancata considerazione di pagamenti già eseguiti, dalla sussistenza di requisiti per fruire di deduzioni e per detrazioni o regimi agevolativi precedentemente negati. Si pensi ad una contravvenzione al codice della strada accertata su un'auto non di proprietà del destinatario o anche un verbale di accertamento che difetti di uno degli elementi essenziali. Si parla al riguardo di richiesta o ricorso in autotutela, che consente alla pubblica amministrazione di tutelarsi dai suoi stessi errori evitando l'apertura di un contenzioso. Premesso ciò, l'autotutela è una facoltà per l'amministrazione e non un potere/dovere; la presentazione della stessa non interrompe i termini di decadenza (60 giorni dalla notifica del provvedimento) per la presentazione del ricorso, tramite legale, al giudice tributario. Nessun termine di decadenza è, invece, previsto per presentare ricorso in autotutela, in quanto non vi sono limiti per riconsiderare un provvedimento illegittimo. L'annullamento da diritto alla restituzione delle somme eventualmente già corrisposte. 

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