Il decreto legislativo n. 23 del 14.03.11 prevede che "chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta è punito con la sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell'imposta dovuta". Questa previsione, con riferimento ai contratti di locazione, riconosce all'inquilino che segnala all'Agenzia delle Entrate la mancata registrazione del contratto la possibilità di continuare ad abitare l'immobile pagando un canone irrisorio, diverso da quello pattuito, senza che il proprietario-locatore possa eccepire alcunché. Ne avevamo già parlato in un recente post del 27.01.14; oggi, la sentenza n. 50/2014 della Corte Costituzionale ha disposto l'illegittimità di tale norma, con conseguente esultanza da parte dei proprietari di immobili. La pronuncia della Corte, essendo retroattiva, consente ai precedenti contratti, non tempestivamente registrati dal proprietario di casa e denunciati dall'inquilino, di "tornare in vita". Questo significa che l'inquilino, il cui canone di locazione era stato ridotto dal Fisco, risulta essere inadempiente all'obbligo del pagamento del maggior canone stabilito in origine nel contratto; con possibilità, quindi, per il locatore di ottenere lo sfratto per morosità ed recuperare la differenza di quella parte dei canoni di locazione non corrisposti.
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