Come recentemente abbiamo già avuto modo di parlare, la legge n. 54/2006, nota come legge sull'affido condiviso, prevede che la potestà genitoriale sui figli è esercitata da entrambi i genitori che, di comune accordo, prendono le decisioni di maggiore interesse relative all'istruzione, all'educazione, alle scelte religiose, alla salute; il tutto, tenendo sempre in considerazione la capacità e l'inclinazione dei figli. Prima di tale riforma, l'istituto privilegiato era l'affidamento esclusivo o mono genitoriale, oggi divenuto l'eccezione rispetto alla "regola" dell'affido condiviso. A tali istituti si aggiunge il c.d. affidamento alternato (in realtà poco applicato), ossia una tipologia di affido a potestà esclusiva, alternativamente e per un periodo prestabilito (di solito bisettimanale), all'uno ed all'altro coniuge. Il figlio, dunque, sarà collocato ad es. per due settimane presso l'abitazione della madre e per le altre due settimane presso l'abitazione del padre. La mancata rispondenza alle esigenze della prole di vivere e crescere senza troppi stressanti spostamenti, tuttavia, ha sollevato notevoli dubbi sulla bontà di tale istituto. E' intuibile, allora, che si tratti di un istituto a cui sarà possibile ricorrere solo in determinate circostanze: si pensi, al caso in cui entrambi i genitori vivano in due appartamenti siti all'interno dello stesso immobile o comunque a ravvicinata distanza. La potestà genitoriale farà comunque capo ad entrambi i genitori, il cui unico obiettivo sarà quello di garantire il benessere del figlio.
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