Competenze dello Studio

lunedì 23 novembre 2015

Pagare l'avvocato in percentuale al risultato raggiunto è illecito

La precedente formulazione dell'art. 2233 c.c. stabiliva che gli avvocati non potevano, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni. In pratica, il divieto del c.d. "patto di quota lite" trovava il suo fondamento nell'esigenza di disciplinare espressamente il contenuto patrimoniale di un rapporto di opera intellettuale, al fine di tutelare sia l'interesse del cliente che la dignità della professione forense. Tuttavia, con circolare 22/2006 il C.N.F. ha precisato che "dal punto di vista civilistico, il patto è valido se rispetta l'onere della forma scritta". Tutto questo fino alla recentissima pronuncia dello stesso C.N.F., il quale ha chiarito che è illecito vincolare il compenso del professionista in base al risultato raggiunto. Oggigiorno, infatti, accade sovente che il cliente proponga al legale un accordo, in base al quale il pagamento avrà luogo solo in caso di esito positivo della pratica. Se questo patto è assolutamente illecito, è pienamente legittimo invece che avvocato e cliente pattuiscano il compenso in percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene il cliente, non solo dal punto di vista strettamente patrimoniale. Si tenga, tuttavia, presente che sono stati elaborati i nuovi parametri per la determinazione del compenso professionale, destinati a valere oltre che per le ipotesi di liquidazione giudiziale delle spese di lite a carico del soccombente e di gratuito patrocinio, anche in tutti quei casi in cui il cliente non abbia concordato alcunché con il suo legale.

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